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L’area Ostiense di Roma è una vera e propria fucina di reperti dell’archeologia industriale: ma non è soltanto il celebre Gazometro a dominare, ma anche altre strutture che un tempo avevano un utilizzo ben diverso rispetto a quello attuale. L’esempio più importante è quello dei cosiddetti Mulini Biondi, i quali possono essere ammirati al giorno d’oggi come uno dei più interessanti complessi residenziali della Capitale, ma la sua ristrutturazione in tale veste risale al 1908. Il recupero si è reso necessario dopo che nel secondo dopoguerra questa struttura era ormai caduta in disuso e rischiava di terminare miseramente i propri giorni.
La funzione moderna prevede diversi servizi e utilizzi, tanto che la gente può ritrovarsi in questo luogo e usufruirne a piacimento. In realtà, sarebbe stato un vero peccato eliminare gli ex Mulini Biondi dal contesto urbanistico in questione: in passato infatti questa zona era destinata a un uso prevalentemente agricolo, con la città che si approvvigionava proprio grazie alle attività che si svolgevano al loro interno.
I campi che si trovavano nei dintorni, inoltre, erano molto fertili e si poteva raggiungere l’area in maniera agevole, grazie alla relativa comodità dei trasporti che venivano messi a disposizione. La conformazione dell’Ostiense rimase pressoché identica per gran parte del XIX secolo. Poi, nel 1863 papa Pio IX decide di inaugurare il Ponte dell’Industria e dal quel momento la ferrovia che viene costruita attira nuovi insediamenti di tipo industriale.
I Mulini Biondi si accompagnano ad altri stabilimenti, tanto da caratterizzare per diverso tempo l’intera zona. L’ampliamento degli stessi mulini, insieme alla Centrale Montemartini, ai Mercati Generali e al Consorzio Agrario fu una realtà possibile negli anni successivi. Il lento declino fu dovuto, in particolare, all’affermarsi del trasporto su gomma piuttosto che quello su ferro e alla fine della navigabilità commerciale del Tevere, le cui sponde lambiscono proprio queste parti.
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