Abbiamo voluto mettere a confronto due studi di progettazione che ci stanno a cuore per la simpatia oltre che per la grande professionalità. Ci piace molto il loro approccio al progetto e seguiamo con ammirazione tutte le loro realizzazioni.
Sono entrambi due studi molto giovani ma che vantano già numerose realizzazioni di qualità, oltre a premi per allestimenti e primi posti a concorsi pubblici. Parliamo di Set Architects e di Studio Wok!
Abbiamo voluto fare un paragone tra i due per evidenziare le loro affinità: a partire dal loro assortimento, sono entrambi un gruppo di tre ragazzi sulla trentina! E poi le numerose similitudini a livello progettuale: progetti semplici e raffinati caratterizzati dall’uso di materiali ricercati, utilizzo di volumi e forme puri, eleganza compositiva e cromatica.
Set Architects è il trio composto da Lorenzo Catena, Onorato di Manno e Andrea Tanci con base a Roma.
Studio Wok con Marcello Bondavalli, Nicola Brenna e Carlo Alberto Tagliabue con base a Milano.
Li abbiamo sottoposti ad una breve intervista, sentiamo!
Cosa intendete per qualità dell’abitare? E quale elemento è indispensabile per definire un interno “di qualità”?
WOK:Il concetto di habitat, per noi, rimanda alla qualità dell’abitare: pensare, disegnare e costruire condizioni ambientali positive è il nostro fine. E questa ricerca progettuale permea con costanza il nostro lavoro, sia esso da svilupparsi su scala residenziale o urbana.
La parola habitat, infatti, deriva dal verbo latino habeo che indicava avere, ma anche abitare. Abitare vuol dire anche creare delle abitudini: e le abitudini sono create dall’interazione con il contesto e permettono di abitare la realtà. Esiste dunque uno stretto rapporto tra noi uomini, la natura dei luoghi e il modo in cui li abitiamo: lo spazio abitato è come un vestito che invece di essere indossato, viene vissuto. In generale, inoltre, ci piace pensare gli spazi che progettiamo come una scena dello spettacolo della vita quotidiana.
SET: Per qualità dell’abitare intendiamo uno spazio capace di rispondere alle diverse esigenze di chi lo vive. Crediamo inoltre che la qualità di un ambiente interno si riconosca soprattutto per l’attenzione e la cura nel dettaglio.
Qual è il vostro approccio metodologico con il progetto e con il committente?
WOK: Il nostro approccio metodologico e progettuale è artigianale. Per lo sviluppo dei nostri lavori, rileviamo con attenzione le caratteristiche fisiche del luogo di progetto: il paesaggio, i materiali che connotano il territorio di riferimento, la luce, l’atmosfera.
Il rapporto con il committente nasce innanzitutto dalla comprensione delle sue necessità. Poi comincia un dialogo che, sopratutto quando è intenso e proficuo, porta alla realizzazione di lavori riusciti sia dal punto architettonico, sia dal punto di vista di chi li vive.
SET: Il nostro approccio progettuale si basa su una lettura critica dello spazio al fine di individuarne l’essenza attraverso operazioni di sottrazione e semplificazione. Ricerchiamo un’architettura in cui lo spazio è il protagonista principale grazie all’utilizzo di forme pure, ai contrasti di luci e ombre e l’uso ricercato dei materiali. Il nostro approccio con il committente è di apertura, ascolto e confronto. Cerchiamo sempre di capire quali sono le esigenze per poi tradurle in un progetto filtrato attraverso la nostra lente.
Qual è il vostro metodo nei confronti delle preesistenze? Mascherare, neutralizzare, valorizzare, conviverci…?
WOK: Lavorare con la storia degli edifici ci appassiona. Ogni progetto però è diverso: innanzitutto è fondamentale leggere e comprendere il paesaggio o l’edificio all’interno del quale si interviene. Poi si può capire se iniziare un dialogo o confronto con le preesistenze: a volte possono essere valorizzate, a volte integrate, a volte anche demolite quando non hanno valore. A tale proposito inoltre, prediligiamo l’uso di materiali “naturali”, capaci di avere un’evoluzione nel tempo e in grado di maturare di pari passo con la struttura architettonica che li accoglie.
SET: Ogni nostro progetto nasce da una attenta lettura del contesto. Nel caso specifico degli interni le preesistenze non rappresentano un vincolo ma il punto di partenza su cui impostare tutto il progetto. A seconda del tipo di preesistenza su cui ci troviamo ad intervenire decidiamo come rapportarci. Qualsiasi sia la nostra scelta, quello che ci interessa mettere in primo piano è sempre la spazialità e la chiarezza dell’intervento.
Ogni progetto è un “atto di responsabilità”. C’è un diversa responsabilità nei confronti di un progetto pubblico, soprattutto se si tratta di una scuola? Pensate che una buona architettura sia uno strumento per migliorare l’apprendimento?
WOK: Ogni edificio pubblico deve riscoprire il suo valore di rappresentanza istituzionale. Al tempo stesso deve essere un edificio capace di riverberare la sua presenza nel contesto circostante relazionandosi con la città e con lo spazio pubblico circostante.
In aggiunta una scuola deve trovare un argomento di dialogo con i bambini, in modo che possano riconoscere facilmente la loro scuola: l’edificio può diventare un’icona facilmente riprodu-cibile in disegni, creando immaginari fantastici che rimarranno nei loro ricordi.
In un edificio scolastico, l’architettura partecipa al programma educativo, diventando essa stessa uno strumento didattico. La possibilità di percepire lo scorrere del tempo e delle stagioni così come la molteplicità di materiali e texture offrono occasioni di apprendimento e sperimentazione, catturando l’interesse e la curiosità del bambino e favorendone così la costruzione della conoscenza.
SET: Crediamo che il compito dell’architetto sia quello di progettare spazi capaci di migliorare la qualità della vita delle persone. La buona architettura può avere una forte valenza sociale e
creare luoghi accoglienti da lasciare in eredità alle future generazioni.
Ogni volta che affrontiamo un progetto, soprattutto se pubblico, lo facciamo con grande senso di responsabilità nei confronti di chi lo vivrà. Nel caso del progetto del Polo Scolastico dell’Aquila l’impegno è stato ancora più forte in quanto oltre a progettare uno spazio per la formazione dei cittadini di domani abbiamo avuto il compito di restituire alla cittadinanza gli spazi scolastici andati distrutti dopo il sisma del 2009.
Che ne pensate dei Set Architects/ Studio Wok?
WOK: Sono molto bravi, ci piace molto il loro lavoro e lo seguiamo sempre con molto interesse. Riescono a portare avanti con coerenza una ricerca architettonica che trova applicazioni pratiche in progetti a differenti scale. Hanno sviluppato un linguaggio architettonico riconoscibile ma capace di mutare in relazione con il contesto locale e culturale. Troviamo che ci siamo molte affinità, dal tipo di ricerca progettuale, alla scala di progetti.
SET: Apprezziamo e stimiamo molto il lavoro di Studio Wok. Nei loro progetti troviamo una estrema raffinatezza e un’attenta ricerca nelle soluzioni progettuali.
Qual è il vostro metodo nei confronti delle preesistenze? Mascherare, neutralizzare, valorizzare, conviverci…?
WOK: Lavorare con la storia degli edifici ci appassiona. Ogni progetto però è diverso: innanzitutto è fondamentale leggere e comprendere il paesaggio o l’edificio all’interno del quale si in-terviene. Poi si può capire se iniziare un dialogo o confronto con le preesistenze: a volte possono essere valorizzate, a volte integrate, a volte anche demolite quando non hanno valore. A tale proposito inoltre, prediligiamo l’uso di materiali “naturali”, capaci di avere un’evoluzione nel tempo e in grado di maturare di pari passo con la struttura architettonica che li accoglie.
SET: Ogni nostro progetto nasce da una attenta lettura del contesto. Nel caso specifico degli interni le preesistenze non rappresentano un vincolo ma il punto di partenza su cui impostare tutto il progetto. A seconda del tipo di preesistenza su cui ci troviamo ad intervenire decidiamo come rapportarci. Qualsiasi sia la nostra scelta, quello che ci interessa mettere in primo piano è sempre la spazialità e la chiarezza dell’intervento.
Piatto preferito? (per noi romani è fondamentale, più del segno zodiacale!)
WOK: La pizza!
SET: Beh siamo a Roma e il piatto che mette tutti d’accordo è sicuramente l’amatriciana che Lorenzo spesso ci prepara in pausa pranzo!
Tra Roma e Milano non c’è poi tanta distanza, è evidente che la buona architettura è universale e non ha confini. Un progetto ben fatto è…un progetto ben fatto!
Grazie ragazzi, continuiamo a seguirvi, buon lavoro e a presto!